di Haidi Segrada
La formazione permanente è un tema molto importante che investe tutti i docenti di ogni ordine e grado. Spesso l’idea di formazione rivolta agli insegnanti viene vista come qualcosa di superfluo, non necessario, poiché l’insegnante, per antonomasia, è colui che conosce, il trasmettitore di saperi al discente. In realtà le cose non stanno proprio in questo modo. La pratica formativa, infatti, non termina certamente con il percorso legato all’insegnamento, ma è proprio il contrario, ciascun maestro si arricchisce via via che l’insegnamento prende forma e, quindi, il docente stesso, attraverso l’esperienza e l’aggiornamento continui, impara e cresce.
Dobbiamo sottolineare che il mondo della scuola è un ambiente molto complesso ed articolato, soggetto a continui mutamenti ed evoluzioni. In questa prospettiva, l’ambito formativo non solo è importante ma necessario per promuovere il cambiamento e la crescita integrale ed armonica della personalità di ciascuno, sia docente che discente.
Credo doveroso sottolineare quanto l’insegnante sia anche (e soprattutto) allievo. A questo proposito, il panorama storico è molto cambiato rispetto a qualche anno fa.
Partiamo da un punto di vista differente, parlando dell’ambiente per poi arrivare ai soggetti della nostra discussione, quindi è inevitabile nominare la scuola. Per anni la scuola è stata considerata, nell’immaginario collettivo, come mero luogo di studio, dove i docenti insegnano e gli studenti imparano, ma in realtà, è molto di più. Prima di ogni altra cosa è un luogo in cui si instaurano relazioni, che possono essere più o meno complesse e che non devono essere sottovalutate. Le relazioni sono la cosa più importante in qualsiasi tipo di rapporto. Pensiamo a tre fattori fondamentali perché si possano gettare le basi della “buona relazione” che porta ad un proficuo rapporto non solo lavorativo, ma soprattutto umano.
Come abbiamo detto in precedenza, nel corso di questi ultimi anni si sono susseguiti una svariata quantità di cambiamenti nella scuola partendo dal lessico: pensiamo alla scuola materna denominata ora scuola dell’infanzia, la scuola elementare diventata primaria, le scuole medie sono le secondarie di primo grado, mentre le superiori le secondarie di secondo grado. La maestra è diventata docente e l’unità didattica si è trasformata in unità di apprendimento, i cambi di programma ed orientamenti e il modo di essere degli insegnanti, dei bambini e, non ultime, delle famiglie è mutato e non poco.
Gestire le relazioni non è semplice, ma è evidente che bisogna costruire ciascuna relazione passo dopo passo, con gradualità ed umiltà, nel pieno rispetto e consapevolezza che il “nostro” punto di vista può anche essere diverso da quello degli altri. Il primo passo da compiere, sia tra colleghi che con la famiglia, è quello di essere aperti al dialogo e al confronto. Non bisogna avere il timore di “raccontarsi” e di esprimersi, ma non bisogna neppure essere giudici severi rispetto alle opinioni altrui. In sintesi, gli insegnanti sono chiamati a cogliere il cambiamento nella sua complessità, a proporsi come facilitatori dell’apprendimento, come educatori ai valori della convivenza democratica e come strumenti per il dialogo e l’apertura verso i bambini e le famiglie. Questo è ciò che ci si propone e che vorremmo in ciascun ambiente scolastico, ma sappiamo che non è sempre facile, ecco che allora entra in gioco la nostra parola chiave: formazione. Sarebbe opportuno, infatti, che in ogni scuola tutti i docenti (sottolineo tutti: nessuno dovrebbe essere escluso o “escludersi” da questo ambito formativo) avessero una preparazione un pò più approfondita sulle tecniche di facilitazione delle riunioni e gestione dei conflitti, così che potessero fare da moderatori durante le riunioni all’interno del collegio docenti e nei colloqui con le famiglie. Non bisogna sottovalutare la formazione nell’ambito della comunicazione, nella gestione dei conflitti e nella conduzione dei colloqui.
Per stabilire una buona comunicazione occorre improntare una buona relazione, altrimenti ogni sforzo è vano, poiché qualsiasi tentativo risulterebbe astratto ed aleatorio. La buona comunicazione non può essere tale se dietro non si cela una relazione emotivamente ricca di energia e desiderio, il che non significa evitare qualsiasi tipo di conflitto, bensì comporta il fatto di voler instaurare un reale rapporto con l’altra persona.
In questo panorama, è evidente quanto sia indispensabile la formazione del personale educativo/didattico. Grazie alla formazione permanente, infatti, la scuola è in grado di sostenere non solo l’attività dell’insegnante, ma produce vere e proprie opportunità per specializzarsi, per comprendere ancora meglio le proprie attitudini. In questo modo, l’insegnante non solo è formatore di alunni, ma diviene egli stesso un discente, attraverso l’auto – formazione e l’analisi dei propri bisogni e delle proprie attitudini. Non bisogna dare per scontato quanto l’osservazione e la conoscenza di sé stessi siano importanti. Nel momento in cui io, insegnante, mi conosco e cresco nella professione, scaturiscono elementi irrinunciabili, quali il desiderio di evolvere, la consapevolezza che non si conosce mai abbastanza e, soprattutto, che in questa professione bisogna mettersi in ascolto non solo verso gli altri ma prima di tutto verso sé stessi.
Una frase che utilizzo spesso durante le mie sessioni di formazione è: “Noi diamo quello che siamo”. La coerenza e la sincerità sono davvero indispensabili nei rapporti e, a maggior ragione tra docente e discente. In altre parole, se come docente detesto insegnare una disciplina oppure attuare una forzatura in un comportamento, non posso certo aspettarmi il totale successo dell’apprendimento nei miei allievi, perché lo sentirebbero e la menzogna non porta da nessuna parte, specie in educazione.
Grazie alla formazione, inoltre, i docenti di ogni ordine e grado sono in grado di stare al passo con i tempi ed essere adeguati al panorama scolastico odierno. In questo contesto non si desidera fare polemica ma è giusto sottolineare che, purtroppo, la scuola italiana, soprattutto negli ultimi anni, non si può definire “all’avanguardia”. Certamente l’ambito culturale non manca, ma deficitiamo di vicinanza all’alunno. In altre parole, la realtà della scuola è molto complessa e bisogna stare al passo con i continui cambiamenti che questo panorama ci offre.
La scuola, e di conseguenza la formazione, necessitano di stimoli diversi, di atteggiamenti innovativi e maggiormente dinamici.
E` necessario comprendere che ciascun allievo porta in classe una storia con esperienze, vissuti e bisogni diversi. Essere un buon insegnante oggi, significa non solo avere una piena padronanza della materia, ma entrare in contatto con le dinamiche relazionali che investono il quotidiano. Non basta più la trasmissione della conoscenza o del sapere, bisogna pensare all’allievo nella sua interezza, pensare alla formazione non solo di studenti ma di persone. Ecco perché la formazione permanente in ambito educativo e didattico è indispensabile.
Gli insegnanti dovrebbero sentire il bisogno di aggiornarsi periodicamente in merito a materie quali la comunicazione attiva ed empatica, la gestione dei conflitti, l’organizzazione didattica, ma anche educativa, e gli approcci sperimentali in grado di promuovere il cambiamento e l’evoluzione nello studio, ma anche nelle esperienze di vita pratica.
Una buona pratica formativa è tale se continua, permanente ed innovativa e trae la propria forza dalla sperimentazione.
È bene ricordare, che la scuola italiana norma l’ambito formativo attraverso la legge 107 del 2015, dove (cito testualmente) viene definita “obbligatoria, permanente e strutturale”, motivo ulteriore per non prendere sotto gamba l’aspetto della formazione.
Non solo formazione…
Come abbiamo detto precedentemente, negli ultimi anni i cambiamenti sono stati tanti e gli insegnanti devono per primi cogliere questo cambiamento e continuare la loro “missione” di educatori. Questa missione è condivisa tra tutti gli insegnanti, che li lega e li carica di responsabilità.
Ma c’è anche un altro aspetto da considerare, quello relativo specificatamente al team educativo. C’è bisogno di un lavoro di squadra che miri al restare al passo con i tempi, ma nello stesso che eviti i conflitti e le incomprensioni. È in una gestione così complessa che il rapporto tra colleghi acquisisce importanza e diventa una preziosa risorsa per tutti i docenti, che sono chiamati a condividere competenze e responsabilità. Anche questa è formazione, formazione in itinere.
In un contesto del genere bisogna prestare attenzione ai possibili conflitti che possono insorgere. Il conflitto è un tentativo di conciliazione non riuscito tra diversi punti di vista, diversi interessi e diverse personalità. Nel caso in cui si verifichi una situazione del genere si deve far ricorso alla tolleranza, ovvero la capacità di accettare e rispettare le diversità.
Ecco che in questo contesto tornano due importantissime parole menzionate in precedenza, ovvero dialogo e formazione. Il primo aiuta a “dissipare la matassa” a rendere più chiaro e meno pesante il clima lavorativo, inducendo all’apertura e al confronto, la seconda diviene strumento primario in grado di sostenere il “peso” delle incombenze scolastiche quotidiane. L’essere formati ed informati, sulle tecniche e le strategie comunicative, aiuta e sostiene docenti e genitori nella costruzione delle relazioni che stanno alla base dell’impegno educativo quotidiano (e permanente) della scuola. La parola d’ordine, a questo proposito, potrebbe essere: “O ti formi o ti fermi”…
Infine la tolleranza aiuta ad accettare e rispettare le diversità e a trasformarle in punti di forza, in possibilità di crescita e di maturazione dell’identità personale e sviluppo delle competenze.
Concludendo…
In questa sede, però, desideriamo anche fornire qualche spunto di riflessione che possa aiutare e sostenere il cambiamento e la sperimentazione. Lo faremo attraverso delle parole “chiave”, che tutti i docenti dovrebbero tenere in considerazione.
Le parole più importanti al fine di costruire una “Buona Relazione”, sono:
- rispetto
- confronto
- dialogo
- responsabilità
- tolleranza
- apertura mentale
- formazione ed informazione
Questo schema potrebbe apparire banale, ma non lo è. L’invito è quello di scrivere queste parole in classe, su di un cartellone e/o nell’aula degli insegnanti. Così facendo, i docenti avranno modo di incontrarsi o scontrarsi con questi termini, di fermarsi anche solo per un minuto e di riflettere.
L’augurio è che ciascun insegnante sia sempre motivato nella professione che, diciamolo, non è semplice, ma nasconde anche tante sfaccettature che includono soddisfazione e passione, quella “passione educativa” di cui parlava Madre Teresa di Calcutta, la quale aggiungeva “possa non arrugginirsi mai…”.